I nostri giovani sono immersi in una cultura iper-sessualizzata e iper-erotizzata. Film, pubblicità, libri, canzoni, serie televisive sottolineano il diritto al piacere e al godimento egoistico. Negli itinerari di preparazione al matrimonio abbiamo fidanzati che usano il preservativo e la pillola del giorno dopo ormai da così tanto tempo che la contraccezione non è più solo un modo per evitare una gravidanza, ma anche l’ordinario stravolgimento dell’amore tra due persone che capovolge il significato dell’atto sessuale. Il contraccettivo si insinua e divide l’amore dal corpo, mentre si parla ancora troppo poco dei metodi naturali che non sono l’alternativa, ma uno stile di amarsi a partire dal ricomporre quell’unità che la cultura tende a dividere.
Una vita sessuale soddisfacente e ricca non automaticamente produce una relazione affettiva piena. La regola secondo cui una vita affettiva soddisfacente coincide anche con quella sessuale non vale solo per gli sposi ma anche per i fidanzati, i consacrati e i presbiteri. I fidanzati chiamati a una continenza transeunte, gli altri a una continenza permanente ma tutti orientati a vivere il rapporto con il proprio corpo e la propria sessualità con un grande slancio oblativo, di amore, cioè donando interamente anima e corpo.
Nel frattempo proseguono i tentativi degli adulti di entrare in sintonia con il mondo dei giovani, cercando di comprenderlo prima di passare ai drastici giudizi negativi, in cui da secoli amano dilettarsi generazioni di ex giovani che si sono colpevolmente dimenticati di esserlo stati.
La realtà è che i ragazzi di oggi hanno un sistema di valori ereditato dal nostro (adulti) e che ci sta tornando indietro come boomerang a ritmo di trap: individualismo esasperato, culto del denaro e del consumo e un certo sessismo (già evidente in decenni di musica rock) si presentano in un contesto sociale sempre più frammentato, con un divario tra chi ha e chi non ha, tra ricchi e poveri, tra centro e periferie. E così rap e trap hanno la “capacità di darci le invisibili cattive notizie dei nostri ragazzi e di dirci le cose come stanno.
Il vero nemico da combattere è invisibile e si sta manifestando da tempo attaccando ciò che ossessiona oggi più o meno tutti, cioè il corpo. Ma come si può contrastare un nemico invisibile ?!
La bellezza non è cattiva […] sembrerebbe uscita dalle stanze del soprannaturale, da dove un tempo compariva. È solo l’arredatrice del nostro mondo spoglio e la stilista delle nostre vite incerte. Ci garantisce un paradiso e veste le nostre nudità. Non è poco, a pensarci bene. Supplisce a quelle premure di quel dio che ci sembra non vedere più. Ha scelto di prendersi un appartamento in città; e da lì presentarsi nell’industria, nella moda, nel design, nella chirurgia, un po’ meno nell’arte, nei cinema, naturalmente in televisione.
Giuliano Zanchi nel suo volume La bellezza complice, ci richiama al ripristino del concetto di bellezza e ci fa comprendere come esso non è riferito ad un fatto meramente esteriore che provoca emozioni, ma è il nome che si dà inequivocabilmente al manifestarsi del bene che custodisce in modo fermo e perseverante la giustizia anche a costo di perdere la perfezione della forma. Inoltre, si prende cura di apparire anche brutta se questa è la condizione della tenacia a custodire il bello del bene. La bellezza di cui il romanzo appena citato profetizza è quella della semplicità d’animo, della bontà del cuore. Solo questa “salverà il mondo”, perché salva l’uomo dalla sua tragica disumanità. Nell’universo dei giovani, la bellezza è diventata “bellezza tossica” e la persona con cui ci si accompagna “malessere”, perché assume sempre più i tratti dell’individuo che esige, in nome di un presunto sentimento, di controllare e gestire la vita dell’altro.
È compito dell’uomo fronteggiare con decisione tutto ciò che tende ad offuscare la bellezza! Ma siamo ancora uomini oppure homo homini lupus ?